Voci dalla Frontiera

Storie di vite intrappolate lungo le rotte dei Balcani

Il progetto “Voci dalla Frontiera – Storie di vite intrappolate lungo le rotte dei Balcani”, realizzato grazie al Bando Svolta, ha permesso al Collettivo Checkmate di cui faccio parte, di inserire all’interno di alcuni Istituti scolastici del Trentino Alto Adige un ciclo di percorsi specifici dedicati all’Unione Europea, ai viaggi migratori provenienti dall’area dei Balcani ma, soprattutto, ai Diritti Umani.

Grazie al Bando Svolta, strumento molto intuitivo ed efficace, siamo riusciti a entrare in relazione con oltre centocinquanta studenti e studentesse con le di suole medie e superiori con cui abbiamo riflettuto a lungo su temi complessi e centrali nel panorama socio-politico corrente.

Abbiamo riscoperto insieme il significato e il valore di alcune parole, tra cui accoglienza, fratellanza, e(migrazione), solidarietà, ma ci siamo ricordati soprattutto che la Pace è una parola che richiede molta serietà e il coinvolgimento di tutti affinché la si rispetti.  

Mi ritengo fortunato d’esser riuscito, grazie a questo Bando, a portare avanti un progetto che mi coinvolge oramai da molti anni.

Infine, ricordo l’inizio d’incontri che hanno portato al germogliare di amicizie che oggi contribuiscono al proseguo e al rafforzamento dei miei progetti di vita.

Grazie,

 

Paolo Fuoli

 

Di seguito, Monica Gadotti (Istituto Canossa)

Il progetto “Voci dalla Frontiera” è stato accolto perché ritengo che la scuola debba prestare attenzione alla narrazione, convinti che se raccontiamo bene avremo anche una realtà migliore.

Prestare attenzione alle parole, al linguaggio, per contrastare l’uso dei luoghi comuni, contro il linguaggio che diventa virus, per considerare che le parole e il linguaggio sono strumento per la manifestazione della responsabilità e della verità, ma con la stessa forza sono strumenti del loro contrario. 

Perché alla scuola spetta il compito di contribuire alla promozione della cultura della verità, intesa come ricerca dei fatti, distinguendoli dalle opinioni, ricerca delle fonti attendibili. 

Cerco di impostare il percorso formativo di italiano e di storia con queste finalità: credo importante quindi far incontrare studenti e studentesse con testimoni d’eccezione che hanno visto “da vicino” la realtà che va raccontata, hanno cercato di vedere “in profondo”  (l’etimologia della parola storia ci porta a conoscere come contenga la radice “id” del verbo vedere in greco: lo storico quindi ricercatore della verità è colui che racconta ciò che “ha visto”) 

Sono d’accordo con voi che si debba conoscere quello che sta succedendo all’Unione Europea, lungo i suoi confini… 

Gli studenti e le studentesse che avete incontrato, anche se per poco, hanno vissuto bene i momenti dell’incontro: non tutti e tutte sono in grado di spiegare il loro sentirsi bene, ma credo fermamente che tutti e tutte abbiano avvertito che in quel piccolo spazio succedeva qualcosa di importante, che li si faceva partecipare allo svelamento della verità…  

C’è bisogno di una scuola in ricerca della verità

 

Il racconto di Eliana Gruber (Fondazione Mach)

Fin dalla lettura del progetto “Voci dalla Frontiera”, portarlo in classe mi è sembrata un’ottima possibilità per i miei ragazzi, per diversi motivi: in primis il focus su cui è incentrato, che risulta poco conosciuto per molti pur essendo attualissimo, e le sue possibili declinazioni interdisciplinari (italiano, storia, diritto, lingua inglese), in secondo luogo per le modalità con cui gli argomenti sono stati proposti: gli esercizi di immedesimazione e i materiali di qualità (foto, video e testi) hanno favorito la partecipazione e permesso alla classe di immedesimarsi ed essere parte integrante del percorso. 

Ritengo il progetto valido anche perché ha permesso ai miei studenti di conoscere da vicino le realtà di “altri” che nelle loro teste non avevano un profilo definito, comprendendo meglio la dimensione in cui vivono, la propria quotidianità, il significato e la differenza tra diritti, doveri e privilegi, sfumature che talvolta si perdono nella routine della nostra esistenza.

 

Affido alle parole di Emma, una mia studentessa, la valutazione del progetto da parte dei ragazzi:

“Secondo me lo scopo degli incontri non era solo quello di spiegarci come funziona la rotta, dove e come si muovono i migranti, ecc, ma piuttosto di aprirci un po’ gli occhi e magari spingerci a pensare di più e più a fondo su delle situazioni che non sono poi così distanti come siamo convinti che siano. Ci hanno permesso di crescere in qualche modo, chi più chi meno, di essere più consapevoli e capaci di guardarci un po’ attorno, di dare uno sguardo anche al resto del mondo. Gli incontri sono serviti anche a farci stare assieme, seppur magari sia secondario, di certo ha aiutato anche in questo. Abbiamo fatto delle attività che ci hanno fatto capire meglio delle cose e che in più ci hanno permesso di socializzare un po’, quindi anche lo stare insieme, non seduti tra i banchi, è un valore aggiunto al percorso. Mi è piaciuta l’idea di farci fare diverse attività per raggiungere per gradi il concetto che stava alla base, mi è sembrato un buon metodo che ci ha stimolati molto di più a pensare rispetto a una mera lezione con powerpoint.”

 

prof.ssa Eliana Gruber, docente di materie letterarie alla Fondazione Mach